Scoppia il caso del “vino analcolico” come accade in ogni Vinitaly negli ultimi anni.

Ci siamo abituati dal 2016: si sentiva polemizzare senza conoscere i dati, si attaccava ciò che non si conosceva, si fingeva di non vedere cosa accadeva fuori dai confini nazionali. Tutto ciò mentre gli esperti del settore come noi di Zeroalcol giravamo l’Europa e il Mondo a studiare ed analizzare il fenomeno dei dealcolati e delle nuove tendenze analcoliche prodotte all’estero dealcolando vino o usando succo d’uva o mosti italiani.
Eppure è sempre stato possibile dealcolare il vino in Italia come abbiamo deciso di fare noi pur di non sminuire il nostro “100% Made in Italy”. Ci siamo rivolti ad aziende italiane specializzate nella dealcolizzazione ad osmosi tramite membrane e abbiamo prodotto la nostra bevanda analcolica a base di vino dealcolato, adeguandoci alla legislazione italiana, senza chiamarli “vini” e senza nemmeno poter citare la provenienza del vino alcolico o la varietà d’uva. Un aspetto che ancora oggi infastidisce molto i nostri affezionati consumatori che ci chiedono “Perché in Italia non ho il diritto di consumatore di sapere quale sia la materia prima della vostra bevanda? Perché non mettete chiaro in etichetta che vino usate e da quale varietà e regione italiana viene? Perché all’estero invece lo posso comprare e avere in etichetta tutte queste informazioni da un produttore estero? Perché“. I non addetti ai lavori non possono sapere che la legislazione italiana sul vino non permette l’uso di termini e descrizioni all’infuori del settore vitivinicolo. Allo stesso tempo a quanto pare impedisce alle cantine che producono vino di dealcolarlo, magari riutilizzando l’alcol come suggerirebbe il buon senso dell’economia circolare. Bisogna allora rivolgersi all’esterno, a meno che non si abbia già o non si apra un’altra società alimentare che non abbia a che fare però con la produzione vitivinicola, soprattutto nello stesso impianto o nella stessa sede.

In tutti questi anni abbiamo raccolto così tante informazioni e soprattutto opinioni e commenti di consumatori che con la nostra banca dati avrebbero potuto organizzare una giornata intera di convegni al Vinitaly. Però nulla è cambiato nel 2024 se non che, finalmente, alcuni big del mondo vitivinicolo italiano hanno iniziato a lamentarsi, e giustamente dal nostro punto di vista, perché si sono accorti, purtroppo con grave ritardo, che il numero dei concorrenti esteri del “vino analcolico”, soprattutto europei, sono in aumento e fanno grossi affari con costi di produzione (di dealcolazione) inferiore a quelli italiani e grandi capacità in termini di volumi, quelli ideali per soddisfare la domanda dell’export.
Altra sconfitta italiana è essere costretti ad emigrare in Germania per ricorrere ad una dealcolazione diversa, sottovuoto per evaporazione, ma con costi più accessibili e partner tecnologici e industriali tedeschi che da decenni dealcolano e hanno creato dei veri e propri centri di dealcolizazione conto terzi. Gli spagnoli e poi i francesi hanno seguito gli esempi tedeschi da diversi anni.
Un’altra importante presa d’atto del settore del vino alcolico leggiamo che è stato quello di comprendere finalmente, con dati alla mano di fonti più che attendibili ma che non sono mai mancate anche nei due decenni scorsi, che il “vino analcolico” non erode quote della sua materia prima etilica, anzi, ne integra e ne completa l’offerta per conquistare fette di mercato di potenziali clienti non interessati agli alcolici ma molto probabilmente a quelli che possono essere degli abbinamenti analcolici con il cibo e le esperienze eccellenti di territori che solo l’Italia e il Made in Italy possono offrire e per le quali è famoso in tutto il Mondo.

Finalmente una parte del settore vitivinicolo italiano ha capito che una parte di italiani, e non pochi, e tantissimi potenziali clienti esteri, non bevono alcolici, tra cui il vino, per diversi motivi culturali, economici, religiosi e personali. Non di certo per colpa dell’esistenza del tanto odiato “vino analcolico”.
Non ci attendiamo nulla di sorprendente da questi convegni del Vinitaly 2024 perché siamo stati abituati negli anni a tanti squilli di tromba solitari. Però non siamo pessimisti ma ottimisti per alcuni importanti motivi.
L’agguerrita concorrenza estera, in particolare europea, interessata molto piacevolmente a occupare in toto il posto lasciato da un top player così pesante come avrebbe potuto essere l’Italia. Le dichiarazioni di alcuni grandi imprenditori italiani lasciano presagire finalmente la voglia di reagire ma hanno poche frecce al loro arco se la legislazione italiana ne tarpa le ali a vantaggio della concorrenza estera. Ci auguriamo che le nostre istituzioni politiche capiscano che il Made in Italy si difende anche evitando di avvantaggiare i concorrenti senza dover rinunciare alle nostre peculiarità e senza confondere il vino alcolico con il “vino analcolico”: senza il primo, che deve essere sempre più di alta qualità, non si può produrre il secondo con buoni livelli qualitativi.

La clientela e gli operatori esteri si chiedono dove siano finiti gli italiani nelle varie gare europee invase da aziende tedesche, spagnole e francesi. Le fiere ed esposizioni sono un discorso ma i “free alcohol wine tasting” un altro. Quando abbiamo partecipato nel 2022 in Germania si chiedevano come fosse possibile che ci fossero solo due nomi italiani in gara: il nostro Alcolzero rosso e il Mionetto 0.0, quest’ultimo peraltro presentato dalla loro sede tedesca che con grande soddisfazione raccoglieva 14 punti entrando nella top ten delle bollicine come “miglior prodotto italiano” come era successo a noi con 14 punti e la seconda posizione nella più ristretta top five dei fermi rossi. La domanda di Made in Italy nel settore dei “vini analcolici” è elevata all’estero e confermata dai successi di altre aziende italiane che hanno avuto il coraggio di gareggiare in eventi esteri con risultati lusinghieri.

Le tendenze attuali e i consumatori delle nuove generazioni indicano un andamento che ormai è chiaro e va affrontato a livello sia alcolico sia analcolico.
Siamo convinti che sia possibile coniugare le esigenze del mondo free alcohol con quello tradizionale, proteggendo la nostra materia prima, il vino, promuovendo al tempo stesso un bere responsabile ma di elevata qualità italiana. Non serve perdere tempo in altre chiacchiere: basta guardare oltralpe e nei paesi di alcune aziende europee con cui collaboriamo da anni e i cui prodotti sono presenti nel nostro assortimento.

Fonte: Beverfood 16/04/2024 (https://www.beverfood.com/uiv-milione-consumatori-italiani-interessati-dealcolati-non-wd/)